Due linguisti per la scuola: le grammatiche di Migliorini e Devoto del 1941
di Roberta Cella
L’istituzione della scuola media «unica», operativa a partire dall’a.s. 1941/1942, rappresentò una novità tale, dopo un quarantennio di svalutazione idealistica della grammatica, da indurre anche studiosi di prim’ordine a pubblicare manuali per la scuola: tra la fine di marzo e la fine di aprile uscirono la Grammatica italiana con esercizi ad uso della scuola media di Francesco Ugolini (Milano, Garzanti), La lingua nazionale. Avviamento allo studio della grammatica e del lessico italiano per la scuola media di Bruno Migliorini (Firenze, Le Monnier) e l’Introduzione alla grammatica. Grammatica italiana per la scuola media di Giacomo Devoto (Firenze, La Nuova Italia).
Erano studiosi con storie personali e interessi scientifici diversi: Migliorini (nato a Rovigo nel 1896), francesista di formazione e a lungo insegnante di francese, poi incaricato di Linguistica neolatina e di Storia della lingua italiana a Roma e professore di Filologia romanza a Friburgo, era dal 1939 titolare della prima cattedra di Storia della lingua italiana, a Firenze; Devoto (nato a Genova nel 1897) era professore di Glottologia e sanscrito già dal 1928 (a Cagliari, a Firenze, a Padova, e dal 1935 di nuovo a Firenze); Ugolini, il più giovane (era nato a Roma nel 1910), dal 1939 era professore di Filologia romanza a Torino.
La grammatica di Ugolini, di impianto e sostanza tradizionali, non suscitò alcun clamore nel mondo degli studi, pur ottenendo un buon successo editoriale testimoniato dalle varie ristampe fino al 1958; al contrario, l’originalità di quelle di Migliorini e Devoto, tra loro profondamente diverse, fu subito sottolineata dalla recensione congiunta che ne fece Giorgio Pasquali e, in tempi recenti, è stata ribadita dagli studi (Marazzini 2004, Baggio 2009, Viale 2009, Demartini 2011 e 2014, pp. 240-67, Cella 2019). Tanto la recensione quanto gli studi concordano nel riconoscere che il lavoro di Migliorini era ben più adeguato al fine scolastico: centrato sulla pratica, accordava un inedito, ampio spazio al lessico; per contro, nel lavoro di Devoto tutti scorgono un maggiore spessore teorico, che ne costituiva la cifra scientifica e al contempo il limite didattico. La fortuna editoriale delle due opere conferma il giudizio degli studiosi: La lingua nazionale ebbe un grande successo, fu ripetutamente ristampata, riadattata con vari titoli e diverse strutture tanto da sopravvivere ai rivolgimenti culturali fino al 1964, mentre l’Introduzione alla grammatica fu poco adottata, riedita con le sole correzioni dei refusi nel 1942 e nel 1946, rimaneggiata una sola volta (con Domenico Massaro, nel 1952).
Immagine tratta dalla rivista "La Crusca per voi" n. 65 (2022-II)
1. La lingua nazionale di Bruno Migliorini
Immaginiamo l’impressione di novità che deve aver fatto ai primi lettori aprire La lingua nazionale e scoprire che le prime 169 pagine (su 418) sono interamente occupate dalla sezione Esercitazioni e letture: 275 esercizi molto innovativi, ispirati al secondo volume del Traité de stylistique française di Charles Bally (cfr. Viale 2009), e 30 brevi letture che, in una prosa limpida, illustrano il significato di gruppi di parole che condividono lo stesso etimo o presentano caratteristiche formali analoghe o afferiscono allo stesso àmbito d’uso. Solo nella seconda sezione, intitolata Testo, sono presentate le regole di funzionamento della lingua, ripartite secondo tradizione in I suoni e i segni, Le forme, I costrutti e I vocaboli; il volume è completato dall’appendice I versi, con rudimenti di metrica (allora indispensabile fin dalle scuole medie, data la centralità della lingua letteraria, anche poetica, nell’insegnamento).
Gli esercizi, che tradizionalmente erano ritenuti ancillari alla spiegazione e funzionali alla sola applicazione di regole apprese in precedenza, sono qui messi in prima posizione: non tanto per farli svolgere prima di aver appreso la regola, quanto per conferire loro rilievo concettuale e centralità didattica. L’idea di base è affermata da Migliorini stesso nella premessa: «la lingua è soprattutto un’abilità; la conoscenza teorica, astratta, delle regole serve a poco, mentre importa molto l’abito di praticarle». Se per quantità gli esercizi sono ben più di quelli allora previsti dalle grammatiche, per qualità sono vari e originali; per avere un’idea di quanto ancora siano attuali se ne leggano due, l’uno che mira ad affinare la percezione delle differenze semantiche tra quasi-sinonimi, l’altro che sensibilizza alla variazione contestuale (oggi si direbbe diafasica):
Metti le parole di ciascun gruppo in ordine d’intensità crescente, e dopo aver scelto in ciascun gruppo il termine più forte forma con esso una frase.
piagnucolare, singhiozzare, frignare — sogghignare, sghignazzare, ridacchiare — pregare, supplicare, scongiurare — impetrare, chiedere, implorare — osservare, contemplare, guardare, fissare — riprendere, rimproverare, biasimare, sgridare — ansimare, soffiare, sbuffare, respirare — frantumare, rompere, fracassare, infrangere — adorare, amare, idolatrare (p. 164, esercizio 268).
Tra le locuzioni verbali e i verbi di ciascuna coppia c’è soprattutto una differenza di tono: la mamma dirà manda giù un sorso d’acqua, il medico ordinerà di deglutire due pillole ogni tre ore. Foggia delle frasi che rendano evidente questa diversità.
mandar via, espellere — metter sopra, sovrapporre — tirar fuori, escogitare — andar dentro, entrare — volar sopra, sorvolare — metter innanzi, premettere — arrivar sopra, sopraggiungere — venire a capo, concludere — render bello, abbellire — andar innanzi, procedere (p. 164, esercizio 273).
Il secondo principio che incardina le novità del volume è anch’esso formulato nella premessa: «se uno sa la grammatica e magari ne sa anche praticare le regole, può dire di conoscere la lingua? No […] la grammatica considera i suoni, le forme e i costrutti delle parole, ma non le parole». Ne deriva l’idea dell’importanza del lessico come anello di congiunzione tra la pratica della lingua e la conoscenza esplicita delle regole: alla semantica, alla formazione delle parole e alla stratificazione lessicale (vocaboli ereditari, latinismi e prestiti dalle lingue moderne) è quindi dedicato il corposo capitolo finale, anch’esso inedito nel panorama delle grammatiche d’allora. L’interesse per il vocabolario non è classificatorio: Migliorini non mira a insegnare delle nomenclature, come accadeva in tante grammatiche ottocentesche che puntavano a far acquisire i vocaboli italiani ai ragazzi dialettofoni, ma piuttosto intende ampliare l’inventario lessicale degli adolescenti e svilupparne la capacità di gestione, come dimostra un altro esercizio, scelto tra i molti:
Da ciascuno dei sostantivi seguenti ricaverai due aggettivi di significato diverso, e foggerai due locuzioni (per es.: alimentazione carnea, ciliegia carnosa).
terra — corno — ferro — legno — sangue — farina — senso — animale — mano (p. 164, esercizio n. 173).
2. L’Introduzione di Devoto
Già il titolo rivela la natura del libro: l’Introduzione alla grammatica, senza altri aggettivi, si prefigge di descrivere uno «schema generale di grammatica», ovvero un insieme di conoscenze che allenino a confrontare le strutture dell’italiano con quelle delle altre lingue e soprattutto del latino (che era materia obbligatoria nella scuola media unica); in negativo, riduce la specificità dell’italiano, sia questa individuata nella norma (come tendevano a fare le grammatiche scolastiche), sia intesa come un complesso di fenomeni da gestire nella pratica (come sceglie di fare Migliorini).
Di fatto, Devoto assume un’ottica più generale e più astratta, da cui deriva la predilezione per la sintassi, àmbito in cui si manifestano i rapporti tra le parti del discorso e si attivano le trasformazioni formali a parità di significato: l’intero discorso è quindi inteso a mostrare le regolarità del sistema, a classificare gli elementi linguistici sulla base delle relazioni e delle opposizioni che instaurano, ad analizzare la lingua mostrando come a forme diverse possano corrispondere semantiche identiche e come forme all’apparenza analoghe siano invece frutto di rapporti strutturali differenti. Così facendo, Devoto non rinuncia a introdurre nella scuola numerose acquisizioni della linguistica più aggiornata: per esempio l’idea di aspetto verbale ‒ spiegato come «quantità dell’azione» e classificato in durativo, momentaneo, iterativo, singolativo, ingressivo, progressivo, conclusivo ‒, e quella di «rilievo» o, come si direbbe oggi, marcatezza (per l’espressione del pronome soggetto, per le dislocazioni a sinistra e le postposizioni del soggetto).
Il proposito di «poche norme assolute, molte proposte, molti esempi di scelta: la lingua come strumento di educata, reciproca comunicazione» è messo in atto nell’Introduzione con l’attenzione costante alle possibilità di «trasformazione» sintattica concesse dal codice (cioè alla capacità della lingua di dire la stessa cosa in più modi), possibilità necessarie e sufficienti, ai livelli iniziali, per allenare alla duttilità espressiva: della lingua Devoto intende mostrare «non solo le cose obbligatorie per tutti, ma anche quelle che, con pari legittimità, stanno a vostra disposizione, perché voi operiate, con saggezza, una scelta» (p. 12). Ne deriva il riconoscimento dell’equivalenza funzionale tra sintagmi e frasi (per esempio tra il soggetto espresso con un sostantivo, un pronome, una «qualsiasi altra parte del discorso sostantivata» e con «una intiera proposizione che viene allora detta ‘proposizione soggettiva’» p. 224), equivalenza esplicitata nelle serrate classificazioni e allenata nei 60 esercizi intervallati alla spiegazione. E ne deriva anche un atteggiamento non restrittivo rispetto a ciò che la lingua “media” permette: del che polivalente («l’anno che sono nato») Devoto osserva solo che «va diventando comune» (p. 113), degli articoli scrive che «di solito» si usa lo, gli e «non sempre» uno davanti a gn (pp. 70, 71), così che neppure i settentrionalismi il / un gnomo e i gnomi sono proscritti; i pronomi soggetto atoni la, gli del fiorentino (pp. 103-4, esemplificati con Manzoni) e la costruzione noi si + 3a sing. (p. 180) sono presentati come ulteriori possibilità per il parlante; il sistema eptavocalico tonico è illustrato come eredità del latino (pp. 18-19), non come ortoepia.
Non c’è dubbio che, così facendo, Devoto sottraeva la grammatica alla pura empiria in cui l’aveva relegata l’idealismo crociano (che ne faceva un’attività pratica priva di fondamento scientifico) e portava a scuola la linguistica più aggiornata (anche nella terminologia, con numerosi prelievi da Saussure); non c’è dubbio, del pari, che agli insegnanti e agli studenti richiedesse un salto di qualità concettuale che, nell’Italia d’allora, in materia di grammatica nessuno era preparato o disposto a fare.
3. Qualche riflessione
Ciascuno dei due lavori è portatore di un’idea precisa e innovativa di ciò che la grammatica deve offrire alla formazione degli adolescenti: in Migliorini è la centralità della pratica (certo guidata dalla teoria) della lingua, specie del lessico, unita a una pluralità di spunti di riflessione sull’uso e la storia delle parole, mentre in Devoto è la rilevanza dell’analisi e della manipolazione sintattica. Due idee che oggi si dovrebbero riguardare come complementari, ponendo attenzione all’assunto di fondo, comune a Migliorini e a Devoto, di una lingua non monolitica: non un meccanismo rigido che prevede una e una sola soluzione alle varie necessità espressive, ma un complesso di possibilità fonetiche, morfologiche, sintattiche, lessicali e testuali da attivare con senso dell’opportunità e dell’efficacia a seconda delle diverse situazioni comunicative.
Per saperne di più
Serenella Baggio, L’Italia nelle grammatiche scolastiche del 1941, in «Rivista italiana di dialettologia», xxxiii, 2009, pp. 219-58.
Roberta Cella, La grammatica per la scuola media di Giacomo Devoto (1941), in A. Lanaia (a cura di), Grammatica e formazione delle parole. Studi per Salvatore Claudio Sgroi, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2019, pp. 23-40.
Silvia Demartini, Grammatiche di ieri utili oggi? Le esperienze di Giacomo Devoto e Bruno Migliorini, in L. Corrà, W. Paschetto (a cura di), Grammatica a scuola, Milano, Franco Angeli, 2011, pp. 123-36.
Silvia Demartini, Grammatica e grammatiche in Italia nella prima metà del Novecento. Il dibattito linguistico e la produzione testuale, Firenze, Cesati, 2014.
Claudio Marazzini, La grammatica di Bruno Migliorini, in C. Milani, R.B. Finazzi (a cura di), Per una storia della grammatica in Europa. Atti del Convegno (Milano, 11-12 settembre 2003), Milano, Pubblicazioni dell’I.S.U. Università Cattolica, 2004, pp. 349-67.
Giorgio Pasquali, Grammatiche, in «Nuova Antologia», 417/1670, 1941, pp. 407-14.
Matteo Viale, Migliorini tra grammatica ed educazione linguistica, in M. Santipolo, M. Viale (a cura di), Bruno Migliorini, l’uomo e il linguista (Rovigo 1896 ‒ Firenze 1975). Atti del convegno di studi (Rovigo, Accademia dei Concordi, 11-12 aprile 2008), Rovigo, Accademia dei Concordi Editore, 2009, pp. 291-331.